Questa è la mia lettera di dimissioni. Dopo l'ennesima offesa alla nostra dignità, non solo umana, ma di lavoratori professionisti, non posso sopportare ulteriormente di lavorare in un regime totalitario che sembra nato dalla mente di Eric Arthur Blair. Non siamo schiavi che devono essere controllati al millesimo di secondo perchè il padrone ha paura di cadere in una drammatica insufficenza produttiva.
Se organizzato in maniera dispotica, il lavoro non è una fortuna, ma una minaccia alla nostra libertà di esseri umani. Ho già sopportato inutili censure digitali, mala-gestione delle capacità individuali per le quali eravamo stati assunti, negazioni di gentilezze che possono alleviare il dolore del pendolarismo quotidiano che ruba gran parte della mia salute fisica e mentale. Adesso volete imporci un controllore digitale per spiare il minuto esatto in cui entriamo o usciamo dall'ufficio. La vostra è ossessione del dominio sugli altri. Accettare anche questo controllo morboso del tempo vorrebbe dire incoraggiare dei comportamenti dittatoriali che vanno contro tutta la mia ideologia neo-situazionista.
Avevo deciso di lavorare in una associazione no-profit perchè credevo, ingenuamente, che potesse essere guidata da persone illuminate, caratterizzata da un rapporto umano, che mettesse in primo piano i bisogni e i desideri delle persone e non la maggior rendita del tempo fratto denaro. Le scelte organizzative di questa associazione mi hanno invece dimostrato il contrario. Non ha più senso continuare a lavorare in queste condizioni, sarebbe come lavorare per una multinazionale che tenta di sfruttare i suoi operai al minimo secondo.
Potrei chiedere quali insicurezze personali abbiano portato a queste scelte molto discutibili, a tale paura dei propri dipendendi, di cui forse non ci si fida. Allora perchè assumere persone di cui non si ha fiducia? Ma credo sia meglio non fare domande.
Invece vi ringrazio. Grazie per questi quasi 3 anni, in cui mi avete dato ulteriore conferma dell'incapacità dell'uomo medio di gestire rapporti personali e lavorativi, di come l'autorità arbitraria sugli altri riesca ad eliminare ogni sensatezza logica ed emotiva. L'importante non è avere un lavoro, ma avere il tempo e la serenità personale con cui apprezzare realmente la propria umile vita, senza tradire i propri ideali. Probabilmente non mi sarà facile trovare un altro lavoro, ma non importa. La disoccupazione è un pregio. Come scrive Herbert Marcuse, "..la verità è incompatibile con la schiavitù imposta dal lavoro socialmente necessario..."
E' tutto.
P.S.
Prima di andare mi finisco tutte le ferie e mi prendo gli ultimi stipendi, grazie.
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