25 maggio 2013

L'Uomo a una Dimensione, di Herbert Marcuse


Herbert Marcuse è stato un  filosofo / sociologo di origine tedesca vissuto tra il 1898 e il 1979, tra i massimi esponenti della "Scuola di Francoforte", un gruppo di pensatori che teorizzarono una dettagliata critica della società moderna, con tutte le sue problematiche sociali ed economiche.

Nel 1964 Marcuse pubblica il suo libro "L'Uomo a una Dimensione" (One Dimensional Man), in cui analizza con attenzione la condizione dell'essere umano medio schiavizzato dal sistema sociale, dal sistema lavorativo, dal sistema politico e in generale da sè stesso, dopo aver assorbito tutti i modi di vita conformi al consumo di cose e persone.

L'Uomo a una Dimensione è un libro decisamente "spesso", nel senso che i suoi contenuti si spingono in profondità nel capire come l'uomo venga controllato senza che lui stesso se ne accorga, attraverso il linguaggio e l'organizzazione sociale. Sono concetti semplici ma approfonditi a tal punto da diventare complessi da leggere in alcune parti dell'opera, che ha bisogno quindi di una certa attenzione per essere compresa in ogni minimo dettaglio (cosa che io stesso ancora non sono riuscito a fare dopo molteplici letture in tutti questi anni).

Anche se le teorie presentate da Marcuse possono oggi suonare come "ovvie" per una persona attenta, la loro diffusione nel 1964 tentava di portare alla luce un pericolo che il "boom economico" mascherava con abilità, mentre la popolazione occidentale cresceva nella gioia della disponibilità commerciale e nel nuovo benessere quotidiano dopo le 2 guerre mondiali.

In ogni caso, è possibile estrapolare numerose citazioni e frasi da L'Uomo a una Dimensione che riporto qui sotto e che mostrano molto bene gli argomenti trattati da Herbert Marcuse. Nel caso in cui queste idee attirino il vostro interesse, potete facilmente trovare il libro in prestito nella vostra biblioteca di fiducia o in PDF su qualche sito online. Buona lettura!

L'indipendenza del pensiero, l'autonomia e il diritto alla opposizione politica sono private della loro fondamentale funzione critica in una società che pare sempre meglio capace di soddisfare i bisogni degli individui grazie al modo in cui è organizzata. Una simile società può richiedere a buon diritto che i suoi principi e le sue istituzioni siano accettati come sono e ridurre l'opposizione al compiti di discutere e promuovere condotte alternative entro lo status quo.

In presenza di un livello di vita via via più elevato, il non conformarsi al sistema sembra essere socialmente inutile, tanto più quando la cosa comporta tangibili svantaggi economici e politici e pone in pericolo il fluido operare dell'insieme.

Il termine "totalitario", infatti, non si applica soltanto ad una organizzazione politica terroristi­ca della società, ma anche ad una organizzazione economico-tecnica, non terroristica, che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti. Essa preclude per tal via l'emergere di una opposizione efficace contro l'insieme del sistema.

È possibile distinguere tra bisogni veri e bisogni falsi. I bisogni "falsi" sono quelli che vengono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressività, la miseria e l'ingiustizia. Può essere che l'individuo trovi estremo piacere nel soddisfarli, ma questa felicità non è una condizione che debba essere conservata e protetta se serve ad arrestare lo sviluppo della capacità (sua e di altri) di riconoscere la malattia dell'insieme e afferrare le possibilità che si offrono per curarla. II risultato è pertanto un'euforia nel mezzo dell'infelicità. La maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo.con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, appartengono a questa categoria di falsi bisogni.

In ultima analisi sono gli individui che debbono dire quali sono i bisogni veri e falsi, ma soltanto in ultima analisi; ossia solo se e quando essi sono liberi di dare una risposta. Fintanto che sono ritenuti incapaci di essere autonomi, fintanto che sono indottrinati e manipolati (sino al livello degli istinti), la risposta che essi danno a tale domanda non può essere accettata come fosse la loro.

Qui i controlli sociali esigono che si sviluppi il bisogno ossessivo di produrre e consumare lo spreco; il bisogno di lavorare sino all'istupidimento, quando ciò non è più una necessità reale; il bisogno di modi di rilassarsi che alleviano e prolungano tale istupidimento; il bisogno di mantenere libertà ingannevoli come la libera concorrenza a prezzi amministrati, una stampa libera che si censura da sola, la scelta libera tra marche e aggeggi vari.

I mezzi di trasporto e di comunicazione di massa, le merci che si usano per abitare, nutrirsi e vestirsi, il flusso irresistibile dell'industria del divertimento e dell'informazione, recano con sé atteggiamenti ed abiti prescritti, determinate reazioni intellettuali ed emotive che legano i consumatori, più o meno piacevolmente, ai produttori, e, tramite questi, all'insieme. I prodotti indottrinano e manipolano; promuovono una falsa coscienza che è immune dalla propria falsità. E a mano a mano che questi prodotti benefici sono messi alla portata di un numero crescente di individui in un maggior numero di classi sociali, l'indottrinamento di cui essi sono veicolo cessa di essere pubblicità: diventa un modo di vivere.

Per esempio, "libere" sono le istituzioni che operano (e sono adoperate) nei paesi del Mondo Libero; ogni altra forma trascendente di libertà equivale per definizione all'anarchia, o al comunismo, o è propaganda.

[...] deve innanzi tutto porre in grado i suoi schiavi di apprendere e vedere e a pensare prima che questi capiscano quel che succede e che cosa da loro si può fare per cambiarlo. E nella misura in cui gli schiavi sono stati precondizionati ad esistere come schiavi e a essere contenti di tale ruolo, la loro liberazione pare necessariamente venire dall'esterno e dell'alto. [...] Nonostante tutta la verità che contiene, tale argomento non può tuttavia dar risposta alla vecchia domanda: chi educa gli educatori, e  dov'è la prova che essi sono in possesso del "bene"? La domanda non è invalidata dall'opporre che essa si applica egualmente a certe forme democratiche di governo in cui le decisioni fatali attorno a ciò che è bene per la nazione sono prese da rappresentanti eletti [,,,] in condizioni in cui prevalgono forme di indottrinamento efficaci e liberamente accettate.

Quanto più i governanti sono capaci di produrre e distribuire bene di consumo, tanto più fermamente la popolazione soggetta sarà legata alle varie burocrazie che esercitano il potere.

In tali condizioni il declino della libertà e dell'opposizione non è un fatto di deterioramento o di corruzione morale od intellettuale. È piuttosto un processo sociale obbiettivo, nella misura in cui la produzione e la distribuzione di una crescente quantità di beni e servizi fanno dell'ubbidienza un atteggiamento tecnologico razionale.
E però, con tutta la sua razionalità, lo Stato del benessere è uno stato in cui regna l'illibertà, poiché la sua amministrazione totalmente accentrata impone una restrizione sistematica su a) il tempo libero "tecnicamente" disponibile; b) la quantità e la qualità di beni e servizi "tecnicamente" disponibili per i bisogni vitali dell'individuo; e) l'intelligenza (cosciente ed inconscia) capace di comprendere e realizzare le possibilità di autodeterminazione.

Non v'è alcuna razione di insistere sulla autodeterminazione quando la vita amministrata è così confortevole, è anzi la "buona" vita. E' questo il terreno razionale su cui si fonda l'unificazione degli opposti, il comportamento politico unidimensionale.

Se gli individui sono soddisfatti, al punto d'esser felici, dei beni e dei servizi loro offerti dall'amministrazione, perchè mai dovrebbero insistere per avere istituzioni differenti capaci di produrre in modo differente beni e servizi differenti? E se gli individui sono precondizionati di modo che i beni che li soddisfano includono pure pensieri, sentimenti, aspirazioni, perchè mai dovrebbero voler pensare, sentire ed esercitare l'immaginazione da soli?

Ne la produttività crescente, ne l'alto tenore di vita dipendono dalla minaccia esterna, ma da questa dipende il fatto di usarli per contenere il mutamento sociale e perpetuare la servitù. Il Nemico è il denominatore comune di tutto ciò che si fa e non si fa. Ed esso non si identifica con il comunismo o il capitalismo quali sono in realtà; nei confronti dell'uno come dell'altro, il Nemico è lo spettro reale della liberazione.

Ai giorni nostri l'aspetto nuovo è l'appiattirsi dell'antagonismo tra cultura e realtà sociale, tramite la distruzione dei nuclei d'opposizione, di trascendenza, di estraneità contenuti nell'alta cultura, in virtù dei quali essa costituiva un'altra dimensione della realtà. Codesta liquidazione della cultura a due dimensioni non ha luogo mediante la negazione ed il rigetto dei "valori culturali", bensì mediante il loro inserimento in massa nell'ordine stabilito, mediante la loro riproduzione ed esposizione su scala massiccia.

Il potere assimilante della società svuota la dimensione artistica, assorbendone i contenuti antagonistici. Nel regno della cultura il nuovo totalitarismo si manifesta precisamente in un pluralismo armonioso, dove le opere e le verità più contraddittorie coesistono pacificamente in un mare di indifferenza.

I neoconservatori che se la prendono con chi critica la cultura di massa da posizioni di sinistra, tendono a porre in ridicolo la protesta contro Bach come musica di fondo in cucina, contro Fiatone ed Hegel, Shelley e Baudelaire, Marx e Freud nel supermercato. Bisogna riconoscere, essi insistono, che i classici sono usciti dal mausoleo e son tornati in vita, che il popolo è, semplicemente, molto più colto. Questo è vero, ma, tornando in vita come classici, essi tornano in vita come altri da sé, privati della loro forza antagonistica, dell'estraniazione che era la dimensione stessa della loro verità.

È ovvio, la trasformazione fisica del mondo implica la trasformazione mentale dei simboli, delle immagini e delle idee che ad esso si riferiscono. È ovvio, quando città e autostrade e parchi nazionali prendono il posto di villaggi, valli e foreste, quando i motoscafi sfrecciano sui laghi e gli aeroplani tagliano i cieli, allora questi luoghi perdono il loro carattere di realtà qualitativamente differente, di luoghi di contraddizione.

Tuttavia il divertirsi e l'imparare non sono opposti; divertirsi può essere il modo più efficace di imparare. Per insegnare ciò che il mondo contemporaneo veramente è, dietro il velo ideologico e materiale, e come può essere cambiato, il teatro deve spezzare l'identificazione dello spettatore con gli eventi che si svolgono sul palcoscenico. Non empatia e sentimento si richiedono, ma distacco e riflessione.

La solitudine, la condizione stessa che sosteneva l'individuo contro ed oltre la sua società, è divenuta tecnicamente impossibile.

Si paragoni, ad esempio, il far l'amore in un prato e in un'automobile, durante una passeggiata fuori mura e in una strada di Manhattan. Nel primo caso, l'ambiente partecipa della calessi libidinale, la sollecita e tende ad assumere aspetti erotici. La libido si effonde al di là delle zone erogene immediate, in un processo di sublimazione non repressivo. Per contrasto, un ambiente meccanizzato sembra bloccare tale autotrascendenza della libido. Impedita nello sforzo di estendere il campo di gratificazione erotica, la libido diventa meno "polimorfa", meno capace d'assumere forme erotiche che vadano al di là della sessualità localizzata, e quest'ultima viene ad essere intensificata.

È stato spesso notato che la civiltà industriale avanzata opera con un grado più elevato di libertà sessuale - "opera" nel senso che quest'ultima diventa un valore di mercato ed un fattore di costumi sociali. Senza che cessi di essere uno strumento di lavoro, si permette al corpo di esibire i propri aspetti sessuali nella vita quotidiana come nelle relazioni di lavoro. È questo uno dei risultati unici della società industriale, reso possibile dalla riduzione del lavoro fisico sporco e pesante; dalla disponibilità di capi d'abbigliamento belli ed a buon mercato, di cure di bellezza, di igiene fisica; dalle esigenze dell'industria pubblicitaria, ecc. La segretaria e la commessa sessualmente attraenti, il giovane dirigente ed il sorvegliante belli e virili sono merci che vanno benissimo sul mercato, ed il fatto di avere un'amante come si conviene - prerogativa un tempo di rè, principi e signori - facilita la carriera persino dei funzionari di minor grado nella comunità degli affari.

Ora che la sostanza dei vari regimi non si manifesta più in modi di vivere alternativi, essa si adagia in tecniche alternative di manipolazione e di controllo. Il linguaggio non soltanto riflette tali controlli ma diventa pur esso uno strumento di controllo, anche là dove non trasmette ordini ma informazioni, dove non chiede obbedienza ma scelta, non sottomissione ma libertà.

Ma, in verità, consenso nei confronti di che cosa? Nei confronti, naturalmente, dei candidati politici e della loro politica. Ma ciò non basta, perchè allora il consenso nei confronti d'un regime fascista (e può avvenire che un tale regime sia oggetto d’un genuino consenso) sarebbe un processo democratico.

Quali sono i criteri per operare tale distinzione? Su quali basi si assegna l'attributo di "verità" ad un modo o condizione di essere piuttosto che all'altro? La filosofia greca classica riposa largamente su ciò che è stato definito in seguito (in modo alquanto derogativo) come "intuizione": una forma di cognizione in cui l'oggetto del pensiero appare chiaramente come ciò che realmente è (nelle sue qualità essenziali), e sta in relazione antagonistica con la situazione immediata, contingente.

[...] quel che dice il filosofo; è lui che analizza la situazione umana. Egli sottopone l'esperienza al suo giudizio critico e questo contiene un giudizio di valore, nel senso che la libertà dalla fatica è preferibile alla fatica, e che una vita intelligente è preferibile ad una vita stupida.

La società è ancor sempre organizzata in modo tale che procurare le necessità della vita costituisce l'occupazione a tempo pieno, per tutta la vita, di classi sociali specifiche, a cui non è per tal motivo concesso di essere libere e di condurre un'esistenza umana. In questo senso la nozione classica per cui la verità è incompatibile con la schiavitù imposta dal lavoro socialmente necessario è tuttora valida.

In tale posizione la verità viene preservata intatta, non come una conquista del cielo o nel ciclo, ma come una conquista del pensiero - intatta perché la nozione stessa di questa verità esprime l'idea che coloro che dedicano la vita a guadagnarsi da vivere non sono capaci di vivere un'esistenza umana.

La nuova definizione del pensiero che aiuta a coordinare le operazioni mentali con quelle della realtà sociale mira ad una terapia. Il pensiero è in linea con la realtà quando è guarito dal desiderio di trasgredire uno schema concettuale che è o puramente assiomatico (la logica, la matematica) o è coestensivo con l'universo stabilito di discorso e di comportamento.

Si può chiedere, che cosa rimane della filosofia? Che cosa rimane del pensiero, dell'intelligenza, senza nulla di ipotetico, senza nessuna spiegazione? Ciò che è in palio, tuttavia, non è la definizione o la dignità della filosofia. È piuttosto la possibilità di conservare e proteggere il diritto, il bisogno di pensare e di parlare in termini diversi da quelli dell'uso comune, in termini che sono densi di significato, razionali, e validi precisamente perché sono diversi.

Oggi, gli elementi mistificatori son posti sotto controllo e impiegati nella pubblicità produttiva, nella propaganda e nella politica. Magia, stregoneria ed abbandono estatico ricorrono nella pratica quotidiana in casa, nei negozi, nell'ufficio, e le realizzazioni razionali dissimulano la irrazionalità del tutto. Per esempio, l'approccio scientifico al fastidioso problema dell'annientamento reciproco - la matematica ed i conti dei morti, la misurazione della pioggia radioattiva che un giorno è una minaccia e il giorno dopo è trascurabile, gli esperimenti sulla capacità di resistenza in situazioni anormali - è mistificatore nella misura in cui favorisce (ed anzi richiede) un comportamento che accetta la follia. Esso si oppone così a un comportamento veramente razionale, ovvero al rifiuto di marciare uniti, allo sforzo di farla finita con le condizioni che generano la follia.

Le persone dipendono per la propria vita dal padrone e dai politici e dal posto di lavoro e dal vicino, e son questi che le fanno parlare e intendere come parlano e intendono; esse sono forzate, dalla necessità della società, ad identificare la "cosa" (incluso il loro io, mente, sentimento) con le sue funzioni. Come facciamo a sapere? Perché guardiamo la televisione, ascoltiamo la radio, leggiamo i giornali e le riviste, parliamo con la gente. [...] Nel parlare il suo proprio linguaggio, la gente parla altresì il linguaggio dei suoi padroni, dei benefattori, degli agenti pubblicitari.

Nel descriverci l'un l'altro i nostri affetti e avversioni, i sentimenti ed i risentimenti, dobbiamo usare i termini dei nostri avvisi pubblicitari, delle pellicole cinematografiche, dei politici, dei bestsellers. Dobbiamo usare i medesimi termini per descrivere la nostra automobile, il cibo e la mobilia, i colleghi e i concorrenti - e ci comprendiamo a vicenda in modo perfetto. Cosi deve essere, poiché il linguaggio non è nulla di privato e di personale, o piuttosto il privato ed il personale sono mediati dal materiale linguistico disponibile, che è materiale societario.

L'autodeterminazione sarà reale nella misura in cui le masse si saranno dissolte in individui liberi da ogni propaganda, indottrinamento e manipolazione, capaci di conoscere e di comprendere i fatti e di valutare le alternative. In altre parole, la società sarebbe razionale e libera nella misura in cui è organizzata, sostenuta, e riprodotta da un Soggetto storico essenzialmente nuovo.

Nonostante ciò, i fatti che convalidano la teoria critica di questa società e del suo fatale sviluppo son tutti presenti: l'irrazionalità crescente dell'insieme; lo spreco e la limitazione della produttività; il bisogno dell'espansione aggressiva; la minaccia costante della guerra; lo sfruttamento intensificato; la disumanizzazione. E tutti rimandano all'alternativa storica: l'impiego pianificato delle risorse per la soddisfazione dei bisogni vitali con un minimo di fatica, la trasformazione del tempo dedicato a passatempi in vero tempo libero, la pacificazione della lotta per l'esistenza.

Ma la lotta per la soluzione ha superato le forme tradizionali. Le tendenze totalitarie della società unidimensionale rendono inefficaci le vie ed i mezzi tradizionali di protesta; forse persino pericolosi, perché mantengono l'illusione della sovranità popolare.

2 commenti:

  1. adesso capisco come mai hanno chiamato "il bambino a una dimensione" una raccolta delle vignette Peanuts

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  2. Spesso i Peanuts sono più filosofici di molti cosidetti filosofi

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